Può la parola cambiare la società? La risposta è sì. Una volta raggiunto un ampio consenso sociale, un’idea può diventare dominante e colonizzare il discorso politico al punto tale da cambiare la società e il suo ordine economico e istituzionale.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e del socialismo reale, molti pensatori liberali, sia di destra che di sinistra si sono lasciati affascinare dall’idea che il mondo si sarebbe finalmente unificato la bandiera del capitalismo liberale e della sua versione di democrazia liberale. Ciò come se il capitalismo fosse una forza indipendente da qualsiasi forma di azione umana, necessariamente e intrinsecamente proteso verso la sua auto-realizzazione. Tale idea era la rappresentazione capovolta del presupposto marxista di una una sovrastruttura sociale, culturale e politica determinata da una struttura di rapporti di produzione, la quale, nella società capitalista, avrebbe portato inevitabilmente al collasso del capitale e all’ascesa della società comunista.
I primi due decenni del nuovo millennio hanno dimostrato che tutto questo era sbagliato. L’ascesa (ancora una volta) delle identità nazionali (e in alcuni casi di identità nazionali fondate sulla religione) non solo ha messo in discussione le forze unificatrici e omologatrici del capitalismo, ma anche le varie forme di organizzazione istituzionale della democrazia liberale. In Europa tutto ciò si è tradotto in un diffuso euroscetticismo che non ha causato solo la Brexit, ma ha minacciato l’esistenza stessa dell’Euro e dell’Unione Europea.
Come è potuto accadere tutto questo? Da semplice idea, l’euroscetticismo è riuscito a ottenere un consenso sociale e politico tale da conferire potere a partiti e formazioni politiche nazionalisti e di estrema destra in paesi come l’Italia, gli Stati Uniti, lo UK, la Bulgaria e anche, in una certa misura, in Francia, Germania, Olanda, Austria.
Ho finito di recente di leggere “Tempi Duri”, romanzo scritto dal Premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa. Il libro racconta la storia di come la United Fruit Company, in seguito conosciuta come Chiquita, riuscì all’inizio degli anni ’50 a convincere la stampa liberale, il governo e l’opinione pubblica statunitense a sostenere un colpo di stato che avrebbe rovesciato il governo democratico di Jacobo Árbenz in Guatemala.
Jacobo Árbenz era un politico liberale e anticomunista che ambiva a trasformare il Guatemala in una democrazia liberale e capitalista. Per raggiungere tale obiettivo, Árbenz lanciò una riforma agraria volta a liberare la terra dai latifondi della United Fruit Company, trasformando gli schiavi in proprietari terrieri e costringendo la stessa United Fruit a pagare le tasse.
Temendo di perdere il controllo delle terre in Guatemala e che la riforma di Árbenz avrebbe innescato simili processi di liberazione in tutta l’America centrale, la United Fruit Company assunse Edward L. Bernays (padre delle Pubbliche Relazioni e nipote di Sigmund Freud). Lo scopo era convincere il governo, l’opinione pubblica e la stampa degli Stati Uniti che il Guatemala stava per diventare un paese satellite dell’Unione Sovietica e che avrebbe portato il comunismo in tutto il Centro e Sud America, minacciando così l’esistenza stessa degli Stati Uniti.
Bernays adempì con successo alla sua missione. La CIA rovesciò il governo di Árbenz e istituì un governo repressivo in Guatemala. Come è possibile leggere nel sommario del libro, una fake news ha plasmato non solo futuro del Guatemala, ma di tutto il Centro e Sud America.
Come scrisse una volta Carlo Levi, le parole sono pietre. La parola ha il potere di alterare le relazioni di forza tra individui e gruppi sociali, di plasmare la cultura e di cambiare la società.
Antonio Desiderio