Nell’ultimo articolo abbiamo affrontato la questione del ruolo che la stabilità politica gioca nel garantire la stabilità economica. Abbiamo visto come sistemi politici instabili costituiti da partiti politici internamente litigiosi influenzano negativamente l’economia. Le dinamiche tossiche di veti incrociati sul complesso di misure da attuare per far sì che la macchina amministrativa funzioni cui tali sistemi danno vita, ostacolano i meccanismi decisionali.
Resta, tuttavia, da affrontare il problema di come garantire stabilità politica. Cominciamo col dire che la cultura di un popolo è fondamentale nel determinare il ruolo della stabilità politica.
In generale, paesi anglosassoni quali il Regno Unito e gli Stati Uniti prediligono la stabilità alla rappresentanza, soprattutto quando la rappresentanza comporta un alto livello di frammentazione del sistema politico. Al contrario, in paesi come l’Italia il bisogno di rappresentanza è preminente rispetto al bisogno di stabilità, anche quando essa comporta forme estreme di frammentazione politica che vanno a detrimento dei processi decisionali. Come conseguenza di tale livello di frammentazione, dal 1946 l’Italia ha cambiato 67 governi e 44 presidenti del consiglio. Tali cambiamenti e mutamenti nella composizione delle maggioranze parlamentari hanno profondamente influenzato la capacità del paese di intraprendere seri programmi di riforme, in tal modo minando la credibilità e stabilità finanziaria del paese.
A differenza dell’Italia, Germania e Francia sono, invece, riuscite a raggiungere con successo un più solido equilibrio tra rappresentanza e stabilità, garantendo la permanenza al potere di governi di durata.
Tutto ciò ci riporta alla questione della legge elettorale. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno sistemi elettorali maggioritari che garantiscono la certezza del vincitore. Il partito che ottiene la maggioranza dei voti è il partito che designa il governo e il suo capo. Tuttavia, nel Regno Unito né il Partito conservatore, né il Partito laburista, né il Partito Liberale sono stati in grado di ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento nelle elezioni del 2010. E’ stato, dunque, necessario formare un governo di coalizione di liberal-conservatore – fatto piuttosto insolito per un paese così legato all’idea di stabilità e chiara alternanza al potere.
Il parlamento tedesco è invece eletto secondo il principio della rappresentatività proporzionale. Ciò nonostante, un’alta soglia di sbarramento garantisce la formazione di maggioranze stabili.
Viceversa, la mancanza di una siffatta soglia ha prodotto in Italia un alto livello di frammentazione che ha a sua volta determinato assenza di stabilità politica, quindi di governo. All’inizio degli anni ’90 le cose sono cambiate. Il parlamento del 1994 è stato eletto secondo una legge maggioritaria (il Mattarellum, dal nome del suo estensore, Sergio Mattarella, attuale Presidente della Repubblica), che ha introdotto per la prima volta il crisma del bipolarismo, quindi un livello di stabilità politica molto più elevato. La maggioranza dei seggi in parlamento veniva, infatti, assegnata secondo un criterio maggioritario, mentre solo una minoranza dei seggi veniva assegnata secondo il sistema proporzionale. La situazione è cambiata di nuovo nel 2005 con la promulgazione del Porcellum. Legge ideata da Roberto Calderoli (Lega Nord), che ha egli stesso definito “porcata” la legge. La Camera e il Senato venivano eletti secondo due diversi sistemi di ripartizione dei seggi. L’esistenza di un premio di maggioranza al Senato riconosciuto al partito o alla coalizione di partiti che avrebbe ottenuto la maggioranza dei collegi elettorali su base regionale portava all’elezione di due diverse maggioranze alla Camera e al Senato. La legge è stata successivamente ritenuta incostituzionale dalla Corte Costituzionale. L’ultima legge (il Rosatellum, dal nome del relatore, Ettore Rosato) distribuisce il 61% dei seggi secondo un sistema proporzionale, determinando l’attuale situazione di instabilità.
Il dibattito politico in Italia si è recentemente concentrato sulla scelta tra recuperare il sistema maggioritario o mantenere il sistema proporzionale. È abbastanza singolare che molti politici del Partito Democratico e alcuni giornalisti di centrosinistra, schierati fino a poco tempo fa a favore del sistema maggioritario, affermino ora di doverlo depennare dall’agenda delle riforme politiche, poiché un ritorno a quest’ultimo porterebbe alla vittoria della Lega Nord e di Fratelli d ‘Italia.
A tale proposito occorrerebbe ricordare che la politica non consiste solo nella gestione del qui e ora, ma nel pensare, plasmare e costruire il futuro delle generazioni a venire. Siamo tutti consapevoli dei danni causati dalla frammentazione politica. Tuttavia, sembra che anziché concentrarsi su come affrontare il problema di una frammentazione divenuta sistemica e che non riguarda solo i rapporti tra partiti, ma i rapporti tra correnti all’interno degli stessi partiti, la discussione su cosa sia necessario fare per per il paese sia ora che in futuro (una legge elettorale per poter che garantisca stabilità) venga sacrificata sull’altare della convenienza politica a breve termine.
La difesa dei processi e delle procedure democratiche rappresentano qualcosa in cui non si può credere ad intermittenza. Una forza politica che ambisca a governare un paese e ad essere egemone non solo politicamente, ma culturalmente, non può procrastinare la discussione su riforme necessarie solo perché queste potrebbero portare alla vittoria un partito o una coalizione avversari.
Antonio Desiderio